Da metà Cinquecento con l'arrivo del cacao in Italia ai nomi storici del cioccolato italiano


Dopo aver visto il ruolo del conquistatore Hernán Cortés e della corte spagnola nel Cinquecento nel viaggio del cacao dall'America all'Europa, oggi volevo condividere qualche nota su come il cacao sia arrivato in Italia e qui si sia diffuso, sino alla nascita dei nomi storici del cioccolato italiano. 
Pare si debba un sentitissimo "grazie" a monaci e suore. Come già detto infatti, il cioccolato veniva spesso usato sottoforma di medicina rinvigorente in monasteri e conventi

Alcuni storici, invece, sostengono che il ruolo di primo importatore in Italia della cioccolata in tazza fu del duca Emanuele Filiberto di Savoia, detto "Testa di Ferro". Sarebbe accaduto nel 1559 quando riprese il potere sulle terre di Savoia e Piemonte dopo l'esilio, periodo durante il quale aveva però avuto modo di gustare in Spagna la cioccolata da bere.

Durante il Seicento iniziarono a nascere nella penisola aziende dedite al cacao. E già la storia era scritta, se consideri che fiorirono soprattutto a Torino e Perugia, dove poi sarebbero sorte le imprese più grandi legate alla cioccolata del nostro Paese. Risale al 1678 il primo documento ufficiale sulla produzione della cioccolata in Italia. Fu un permesso, oggi conservato a Torino, rilasciato ad Antonio Ari per permettergli di vendere al pubblico la sua bevanda al cioccolato.

Già allora il cacao, non veniva usato solo come bevanda e succulenta medicina, ma anche in cucina. È d'inizio Settecento, per esempio, una raccolta curata da un prete italiano contenente le ricette per fegato inzuppato nel cioccolato e fritto, zuppa di cioccolato, budino di cioccolato con vitello, zucca e frutta candita, polenta al cioccolato.

Proseguendo la storia del cioccolato italiano, ricordiamo che nel 1796 aprì a Bologna la Majani, un nome storico, a cui si deve il famosissimo cremino FIAT, nato per il lancio dell'auto Fiat Tipo 4. Era il 1911.

Nel 1826, invece, Pierre Paul Caffarel fondò a Torino la sua fabbrica di cioccolato (in una ex conceria). Subito scelse di dare impulso alla produzione affidandosi all'invenzione di Bozelli, ingegnere genovese, creatore di una macchina capace di produrre più di 300 chili di cioccolato al giorno: un'enormità. Poi acquistò anche una macchina idraulica del piemontese Doret per raffinare la polvere di cacao e quindi mescolarla allo zucchero e alla vaniglia. Il successo arrivò. E noi non possiamo dimenticarlo, visto anche che la Caffarel inventò nel 1865 il gianduia o gianduja, pasta di cioccolato e nocciole, da cui nacquero anche gli amatissimi - da me e da gran parte degli italiani, credo - gianduiotti dall’inconfondibile forma.
 
Aprì poi la Maglio nel 1875 a Maglie, vicino Lecce, la Novi a Novi Ligure nel 1903 e nel 1907 la Perugina a Perugia, fra i cui soci fondatori ci fu Francesco Buitoni, della pasta Buitoni. Non male, vero?
Per i famosi Baci si dovette aspettare il 1922.

Ho dimenticato qualcuno dei grandi nomi storici del cioccolato italiano?
Nel caso mi scuso e ti prego di segnalarmelo così provvedo a integrare questo semplice excursus.

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